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Ifi di Santhià, le dichiarazioni di Pompeo Vincenzo Bava contro il sindacato meritano una querela

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Semplicemente basiti. Tale è la reazione della Fiom Cgil Vercelli Valsesia nel leggere le dichiarazioni sul fallimento della Ifi – Iniziative Ferroviarie di Santhià (ex Magliola) – rilasciate a mezzo stampa dal signor Pompeo Vincenzo Bava a nome dell’amministrazione. Alla Fiom Cgil risulta infatti che l’amministratore delegato sia un’altra persona e, proprio per questo, non capiamo a che titolo il signor Bava possa intraprendere azioni a tutela dei lavoratori. Nei fatti, nella vertenza Ifi chi ha avuto potere e occasione per agire continua ad accusare il sindacato per il fallimento aziendale, mentre anche in altre aziende italiane si stanno verificando situazioni analoghe, con i medesimi “accusatori”. Di contro, la Fiom Cgil ha sempre agito (e continua ad agire) su mandato dei lavoratori.

Secondo il signor Bava, cosa dovrebbe fare un dipendente Ifi con fondi previdenza e sanitari non versati, cinque mensilità non pagate e scarsa sicurezza nel luogo di lavoro? Fatti che la Fiom Cgil ha dichiarato, scritto, denunciato agli organi competenti almeno per cinque lunghi anni, anche organizzando forti iniziative di protesta. In un Paese normale, il sindacato denuncia, usando tutti i mezzi e le modalità che ha a disposizione, per stimolare l’intervento di chi ha potere decisionale: amministrativo, politica e istituzionale. Non succede il contrario, sintomo di una debolezza amministrativa istituzionale e di risorse che caratterizza invece il nostro Paese.

Le mensilità arretrate che i lavoratori della Ifi ancora attendono sono sei e sappiamo che ciò è dovuto a diversi fattori: il primo, la mancanza di investimenti nel settore della manutenzione e della costruzione dei segmenti carrozze cui la ex Magliola appartiene; il secondo, un’amministrazione che non ha saputo trovare soluzioni a questo problema che nasce nel 2010. Cogliamo così l’occasione per ricordare al signor Bava che la Ifi aveva promesso il pagamento delle mensilità di novembre e dicembre 2018 e l’inizio della messa in sicurezza dei luoghi di lavoro.
Il 2 gennaio i lavoratori hanno – autonomamente – incrociato le braccia poiché le promesse non erano state mantenute: la Fiom Cgil, ritenendo giuste le motivazioni, ha appoggiato il fermo. Ricordiamo inoltre che nel mese di settembre 2018, la Fiom Cgil aveva richiesto l’attivazione della CIGS perché le commesse esistenti non saturavano le ore di lavoro e il costo della manodopera non era sostenibile. L’azienda rispose che non era possibile, con la consapevolezza che alcuni lavoratori avrebbero fatto ingiunzione di fallimento e sottovalutando la situazione. Nell’accordo siglato il 17 aprile 2019 l’azienda si impegnò a pagare il corrente nei tempi stabiliti e, prima di far rientrare i lavoratori, promise di: mettere in sicurezza i luoghi di lavoro, presentare un piano industriale e un piano di rientro per gli arretrati. Tutte promesse vane.
Giorni prima del fallimento, il sindacato ha invitato l’azienda a trovare una data per incontrare i commissari, ma nessuno dei rappresentanti aziendali si è reso disponibile.

In ragione di questa triste cronistoria, sarebbe il caso di smetterla con affermazioni prive di senso e non vere: scaricano solo colpe e responsabilità a qualcun altro. Le dichiarazioni rilasciate dal signor Bava a mezzo stampa, che denigrano la nostra organizzazione, sono già state riportate in seno a un’assemblea con i lavoratori che hanno memoria e che hanno chiara la cronaca dei fatti.

Per rispetto e senso di responsabilità nei confronti di una situazione lavorativa e umana difficile, non intendiamo perseguire azioni legali contro mendaci dichiarazioni ma invitiamo il signor Bava e tutti gli attori coinvolti nella vertenza ad agire concretamente: a cominciare dall’azienda che, prima di diffondere pareri, deve appurare quali siano le motivazioni nella decisione del giudice. A conti fatti era facile capire che le sole commesse in essere non avrebbero garantito la tenuta del concordato.

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