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8 Marzo – Lettera aperta delle Donne Cgil e Spi Vercelli Valsesia

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8 MARZO

LETTERA APERTA

 
In occasione dell’ 8 marzo 2020, a causa del Coronavirus, non potremo essere  nelle piazze italiane e del mondo come previsto dai  movimenti femministi.

Vogliamo comunque essere presenti e far sentire la nostra voce di donne giovani e pensionate ed esporre le nostre rivendicazioni.

La povertà femminile continua ad aumentare. Siamo il quart’ultimo Paese in Europa per occupazione femminile: solo il 48% delle donne ha accesso al lavoro e spesso si tratta di lavoro precario, svalutato, mal pagato!

Ancora oggi, le donne sono retribuite in media il 23% in meno rispetto ai colleghi uomini, anche quando più istruite; il differenziale salariale cresce col crescere del livello dell’istruzione, raggiungendo un picco del 38,5%.

Sono più di 1.400.000 le donne che hanno subito molestie sul luogo di lavoro.

La Legge 194 è sottoposta a pesanti limitazioni che ne impediscono la piena applicazione: l’obiezione di coscienza, oggi, è pari al 78% tra i ginecologi e del 48% tra gli anestesisti. Una situazione che in alcune Regioni supera il 90% e annulla il diritto sancito dalla legge.

Oggi, la Legge 194 nel nostro Paese continua ad essere obiettivo di attacchi retrogradi e populisti, veicolati da dichiarazioni “ignoranti” e “razziste” che chiedono di scaricare i costi su quelle aree sociali che subiscono “l’abuso della migrazione”.

Un omicidio su due avviene in famiglia e le vittime per il 67% dei casi sono donne. I percorsi di fuoriuscita dalla violenza non prevedono alcuna forma di sussidio, i finanziamenti pubblici ai centri antiviolenza sono pari a 0,76 centesimi per ogni donna che si  rivolge a loro.

Sono più di un milione le donne che dal 2003 a oggi denunciano di aver subito pratiche mediche violente o degradanti in sala parto.

Questi sono solo alcuni dei numeri che raccontano il contesto di disuguaglianza, discriminazione, ingiustizia in cui viviamo. Contesto che conosciamo bene, perché è quello contro cui lottiamo, affermando che violenza di genere è anche, e non secondariamente, violenza economica e che passa, in modo sistemico, per condizioni di sfruttamento volte a minare l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne.

Pensiamo sia necessario dare continuità al processo di trasformazione culturale e sociale aperto da ormai quattro anni dai movimenti femministi e, a maggior ragione, in questo particolare contesto storico e politico. Riteniamo urgente denunciare la condizione di discriminazione strutturale che riguarda le donne migranti e, di conseguenza, tutte le figure precarie e non pienamente garantite che vivono e lavorano nel nostro Paese.

I luoghi di lavoro non possono continuare a riprodurre questo stato di cose; le condizioni di lavoro non possono infliggere ancora tanta diseguaglianza: le lavoratrici troveranno la forza di reagire e rivendicare quel che spetta loro.
 
 
NOI DONNE

  • Vogliamo parità salariale, un salario degno, un salario minimo almeno a livello europeo e un reddito che sia di autodeterminazione, e non strumento di ricatto e di nuova schiavitù, perché senza autonomia economica non si esce dalla violenza e non c’è libertà.
  • Vogliamo congedi di maternità/paternità e parentali retribuiti al 100%, di uguale durata per entrambi i genitori ed estesi a tutte le tipologie contrattuali.
  • Vogliamo un welfare inclusivo e universale senza discriminazioni in base allo status, al genere, al reddito o alla morale dominante.
  • Vogliamo case rifugio, centri antiviolenza, case delle donne e consultori laici, aperti e autogestiti dalle donne.
  • Vogliamo l’abrogazione dei decreti sicurezza che moltiplicano violenza, razzismo e sfruttamento dentro e fuori i confini, soprattutto sui corpi delle donne, e che sanzionano il diritto di manifestare.
  • Vogliamo l’abrogazione della Legge Bossi Fini e la chiusura dei Cpr (Centri per il rimpatrio).
  • Vogliamo un permesso di soggiorno europeo senza vincoli lavorativi e familiari per la libertà di movimento per le migranti e i migranti.
  • Vogliamo la cittadinanza per chi nasce e cresce in Italia.
  • Vogliamo un’Europa capace di intervenire umanitariamente sulle emergenze migratorie nel Mediterraneo, con una voce comune.
  • Vogliamo un altro modello di sviluppo che rilegga i consumi e la qualità ambientale e della vita con la lente della redistribuzione della ricchezza e della giustizia ambientale.


Chiediamo di dare un segnale chiaro, pubblico, di sostegno concreto alla lotta che le donne stanno portando avanti da anni e che riguarda tutti.

 

                                                                                           Le Donne Cgil e SPI Vercelli – Valsesia                     

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